Disegno di Sergio Toppi
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«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).
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Valgreghentino è un paese di 3.500 abitanti, che si trova in Lombardia a 10 km da Lecco. Qui a Messa la domenica si va con il «Messabus». Ora è in fase sperimentale. Per capire di che si tratta bisogna richiamare il più noto «Piedibus», che alcune amministrazioni comunali, con l'aiuto di molti volontari, hanno adottato per accompagnare i bambini a scuola e riportali a casa senza usare auto o bus inquinanti. Ecologia, aggregazione, e attività fisica camminando. Mica male. Il Messabus, ispirato dal «Piedibus», percorre tre linee, cioè, parte da tre diversi punti del paese per recarsi alla basilica di San Giorgio. Ogni linea ha sei fermate. Spieghiamoci meglio. Il «bus» è costituito dai ragazzi dell'oratorio (14-19 anni) che si affiancano agli anziani, alle famiglie, ai bambini e li accompagnano a messa. Insieme si parla, si sorride, ci si augura buona domenica, si cammina, chi ha qualche incertezza ad attraversare la strada si appoggia ai ragazzi. Aggregazione, insomma. Don Paolo, il Parroco, Luca Colombo, responsabile dell'oratorio e il sindaco Matteo Colombo sono entusiasti dell'esperienza e del successo ottenuto. L'esordio è avvenuto per la festa dell'oratorio nell'ottobre scorso; ok anche il 10 novembre; i prossimi appuntamenti sono il 1° dicembre e la vigilia di Natale, prima che il Messabus diventi, speriamo, un appuntamento fisso. «È una bella iniziativa, mi piace. Ma durerà?», commenta il Gallo del mattino spinto dal suo proverbiale ottimismo. Provo ad argomentare. «Io credo di sì. Durerà. Ci troviamo di fronte alla logica dei sognatori non dei calcolatori, direbbe l'Arcivescovo Don Erio Castellucci. L'obiettivo non è di portare gente a Messa, poiché a Valgreghentino le messe sono già affollate, ma si cerca di coinvolgere i giovani e i ragazzi a vivere in modo diverso la partecipazione alla Messa. Qui non scappano, perché hanno trovato un proprio ruolo, la gioia di vivere». Tuttavia, non sempre allo sforzo di evangelizzare corrisponde il risultato che ci si attende. Gesù stesso ha subito la sconfitta dell'abbandono da parte dei discepoli che aveva istruito e amato. Ma la sua voce dice di non temere, di guardate i campi che biondeggiano (Gv 4, 35). Non siamo noi che trasmettiamo la fede, infatti, poiché è un dono che viene dall'alto, precisa don Erio. «Noi possiamo, anzi dobbiamo, testimoniare la bellezza e la gioia di credere» «Un rabbino sognatore» si intitola il capitolo 6 della Lettera pastorale 2019-2020 della Diocesi di Modena-Nonantola, sull'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi. Il sogno di Gesù sono i due momenti della semina e del raccolto come un atto unico di salvezza (Gv 4, 36-38). E così mi piace interpretare le parole del Parroco di Valgreghentino: «I ragazzi dell'oratorio hanno avuto davvero un'intuizione geniale. Credo proprio che faremo scuola. Spero che le comunità vicine prendano esempio e ci rubino l'idea». Un invito a delinquere. Coraggio e Buon Avvento.
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«Vegliate, per essere pronti al suo arrivo».
Questo testo non fa parte di quelli che si scelgono deliberatamente per trovarvi un conforto e risollevarsi il morale. Eppure la Chiesa mette un tale ostacolo all’inizio dell’anno liturgico. Si tratta di abbandonare il trantran, le abitudini, le usanze, di convertirsi e ripartire da zero. Al di là della gioiosa novella del Vangelo che annuncia la venuta redentrice di Dio, si dimentica e si respinge facilmente l’eventualità del giudizio, anche se non la si contesta assolutamente “in teoria”. È il pericolo che corrono i discepoli di tutte le epoche. Se non si aspetta ogni giorno la sentenza di Dio, non si tarda a vivere come se non esistesse giudizio. Di fronte ad una tale minaccia, nessuno può prendere come scusa lo stile di vita “degli altri”: nessuno può trincerarsi dietro agli altri per sottrarsi al pericolo di essere dimenticato dal Signore. Salvezza e giudizio sono affini uno all’altro, ci scuotono nel bel mezzo della nostra vita: sia nel momento delle grandi catastrofi (la grande inondazione è qui evocata) sia nel corso del lavoro quotidiano nei campi o in casa. Uno è preso, trova scampo, è salvato; un altro è abbandonato. Ma non essere tratti d’impiccio non dipende chiaramente dal beneplacito degli altri. È l’uomo stesso che ha nelle sue mani la propria salvezza o la propria perdizione. Ecco perché, come spesso nel Vangelo, questo brano si conclude con un appello alla vigilanza.
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Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 24,37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
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Dalla Parola del giorno «Tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Ricomincio da te Eccoci di nuovo! Dopo un anno inteso passato in compagnia di Luca, dopo aver sostato ai piedi della Croce per riconoscere lo splendore della regalità di Gesù, la liturgia ci riporta ai blocchi di partenza con il tempo dell'Avvento in compagnia di Matteo, il pubblicano divenuto discepolo ed evangelista. L'ho pensato spesso in questi ultimi giorni e ora mi convinco ancora di più che è veramente importante riscoprire l'arte del ripartire. Il Signore, oggi, ci chiama a questo. Ci ricolloca all'inizio, allo start. Ci smuove a riscoprire la bellezza e lo stupore dell'inizio, la freschezza dell'alba, la lucentezza del primo sguardo. Mi piace questo ripartire, perché non è da zero, ma da Lui. Si (ri)parte per (ri)mettere fondamenta, per azzeccare il primo passo, per imparare a fidarsi e per rimettersi in gioco. Nessuno si può sentire escluso. Il cammino di Avvento ci addestra a dare senso al tempo, a non farcelo scivolare addosso, a riempirlo della sua presenza e a ripartire da lui. A volte incontro persone che dopo un grosso fallimento, uno sbaglio, una caduta o una delusione, mi dicono che vogliono ripartire da zero... Penso che non ci sia nulla di più sbagliato. Se vuoi rialzarti, se vuoi rimetterti in cammino, se vuoi ridare vigore alla tua vita e alla tua fede, trovati un po' di silenzio, un tempo di intimità e dillo al Signore: "Ricomincio da te". Vorrei che il nostro Avvento iniziasse così, rimettendo lui al centro. Perché quello è il suo posto. O ci metti lui, o è un gran caos... Il brano del Vangelo di questa prima domenica ruota attorno ad una brevissima parabola. Dio è come un ladro che viene di nascosto, all'improvviso, quando non te lo aspetti. Magari è tutta la vita che lo cerchi, hai domande forti nel cuore e vuoi metterle nelle sue mani; oppure ti sei convinto di cercarlo, ma non fai altro che incensare il tuo ego e tenere a bada i tuoi sensi di colpa; oppure sei così convinto di averlo già incontrato e d'essere un cristiano arrivato che dormi tranquillo il sonno del giusto e ti lasci vivere. Animo, fratelli! Si riparte, coraggio! Se sei un cercatore di Dio o sei abitato dalla tiepidezza o sei inguaribile dormiglione, da oggi hai possibilità nuova: il Signore viene, ancora, per te. Questo è la notizia buona dell'Avvento: lui non si è ancora stancato di te. Attento, ripigliati: Dio sta venendo a farti visita!
Buona Settimana don Roberto Seregni |
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Gesù ti sto aspettando. "Non tardare" Ti sto aspettando, ma io so che Tu vieni a cercarmi per lavorare nel tuo cantiere: ti aspettano i bambini poveri che hanno fame, fa' che io porti loro il pane quotidiano dell'amore; ti aspettano le persone che soffrono, fa' che io porti loro il pane quotidiano della speranza, andandoli a trovare e stringendo le loro mani; ti aspettano tanti uomini che hanno tutto ma non sono felici, perché non hanno Te, fa' che io porti loro il pane quotidiano della fede, che brilla come luce nella notte del peccato. Gesù ti sto aspettando. "Non tardare". Ti sto aspettando, ma io so che Tu vieni a cercarmi per lavorare nel cantiere del tuo amore.
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"Vegliate!" La vigilanza non è qualcosa di speculativo, ma la capacità spirituale di cogliere i segni della salvezza di Dio presente nella storia umana. Vigilare è rimanere fermi nella Parola del Signore, senza esitazioni e impazienze, senza cedere ad illusioni e a falsi segni. La vigilanza è un atteggiamento concreto, fatto d'attesa e d'impegno. È un modo di essere, di vivere, di guardare e affrontare la realtà. Vegliare per non far diventare la nostra fede un impasto di scaramanzie e superstizioni. Vegliare per non cadere nell'abitudinarietà che surgela la preghiera e lo stupore. Vegliare per non mettere in stand-by la ricerca di Dio, illudendoci di essere già a posto. Vegliare per darci una mossa e abbandonare il demone della pigrizia. Vegliare per dare ordine alla vita, per mettere ogni cosa al suo posto. Vegliare per riconoscere Dio che sta visitando la nostra casa.
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Disegno di Sergio Toppi
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Perchè in tutti si formi una profonda coscienza vocazionale: tutti i cattolici, con tutti i mezzi, per tutte le vocazioni ed apostolati (Preghiere, p.44).
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Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore questa grazia, la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza".
Omelia del 9 ottobre 2015
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Il semaforo blu (Gianni Rodari)
Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza. Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu', e la gente non sapeva più come regolarsi. "Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?" Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu', di un blu' che così blu' il cielo di Milano non era stato mai. In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano: "Lei non sa chi sono io!" Gli spiritosi lanciavano frizzi: "Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna. Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini. Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva." Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente. Prima di spegnersi il semaforo blu' fece in tempo a pensare: "Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."
Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane. L'Avvento è come il semaforo blu. E' qualcosa che ti dice: "Fermati! Stai buttando via un tesoro! Non c'è solo la terra! Guarda su! C'è anche il cielo!" Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano... (Commento di Bruno Ferrero).
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